Middle England

A volte, per capire il presente, serve un’immaginazione da romanzieri per unire i puntini, riempire i buchi, immaginare i dialoghi nei palazzi e per le strade. Se poi il romanziere è Jonathan Coe, che da decenni racconta la storia del Regno Unito come e meglio di molti storici, non possiamo che festeggiare l’uscita di Middle England per capire questo gigantesco rebus che è Brexit (o Brixit, come la chiama uno dei personaggi).
Middle England riprende clima e personaggi dal ciclo che parte con La famiglia Winshaw (e prosegue con La banda dei brocchi, Circolo Chiuso e, in parte Numero 11), che consigliamo di recuperare per avere un’idea più completa; anche da solo, però, racconta la provincia del Regno in tutta la sua complessità, paura e disagio, soprattutto disagio. Le persone di una certa età, messe in scena da Coe, non accettano proprio quello che ha reso Londra la capitale del mondo: non accettano di essere alla pari con i nuovi arrivati, che siano comunitari, extracomunitari o semplicemente più giovani e più liberi.
È questo che rende Middle England qualcosa in più di un romanzo godibile, perché mai come adesso abbiamo bisogno di capire che cosa anima quello che può essere frettolosamente liquidato, di volta in volta, come populismo, ignoranza o razzismo. È la difficoltà di accettare la globalizzazione non solo dal punto di vista dell’impero e del commercio, ma anche delle persone. Brexit è un sintomo, per quanto rilevante, del bisogno che molte persone hanno di continuare a capire e apprezzare il mondo in cui vivono, anche se questo si traduce, a prima vista, nel rifiuto dell’altro, del diverso, dell’oltremare. Un romanzo da leggere come un manuale di politica, per leggere la realtà in modo più raffinato e comprendere in pieno cosa sta avvenendo.