Intervista a Cosimo Accoto

Si avvicina un appuntamento importante per la nostra associazione: il Convegno annuale, organizzato con Acri – Associazione di Fondazioni e di Casse di Risparmio, per fare il punto sui temi di gestione e strategia di particolare attualità per le banche private. Il Convegno è riservato agli associati, ma vogliamo mettere in circolo le idee che ne scaturiscono, a partire da una serie di interviste ai relatori.
Intervista a Cosimo Accoto
Iniziamo da Cosimo Accoto, Research Affiliate al MIT di Boston; è stato il primo a rispondere alla domanda che ci accompagnerà, questa.
Diventare più smart, migliorando il servizio al cliente: una missione impossibile o un progetto concreto per il 2020 delle banche?
Credo non sia una missione impossibile. È di certo un orizzonte di opportunità da immaginare e progettare al meglio. Al medesimo tempo, sarà però anche un percorso di lungo periodo e complesso nel suo farsi. Nella mia prospettiva, più che un tema tecnologico è primariamente una questione culturale che ha, da ultimo, un impatto strategico profondo. Parlo in specifico di cambio culturale necessario per almeno tre dimensioni operative e manageriali.
La prima è la filosofia del “servizio”. Dobbiamo riconoscere che non veniamo da un orientamento servizio-centrico e siamo sostanzialmente ancora fermi al prodotto e alle soluzioni. Servizio è da intendere qui non solo e non tanto come bene intangibile, ma come processo di integrazione di competenze e capacità molteplici per co-creare valore con i beneficiari. Di fatto, questa service-dominant logic è poco interiorizzata e poco praticata, ancora lontana anche solo dalla semplice idea di prendersi cura del “cliente”, delle sue aspettative e dei suoi bisogni. Staccarsi mentalmente dalla logica del prodotto richiederà uno sforzo concettuale oltre che operativo non di poco conto.
Un secondo aspetto è che essere smart ai nostri giorni è anche questione di dati e algoritmi “intelligenti” di apprendimento automatico (machine learning). E purtroppo non siamo ancora culturalmente familiari con la data revolution. Siamo biologicamente propensi e storicamente abituati a prendere decisioni con pochi dati, in base ad esperienze e conoscenze limitate. E anzi a ridurli di proposito in quanto non eravamo e in molti casi non siamo ancora in grado di gestire questa moltitudine. L’intelligenza artificiale (AI) oggi di maggiore successo si fonda, invece, proprio sull’abbondanza di dati e dovremmo sapere che ogni strategia dell’AI è primariamente una strategia del dato.
Infine, la smartness è una prospettiva che non riguarda solo il “cliente”, il “servizio” e la singola “banca”. Sempre più interessa, invece, un’ecologia aperta di interazioni di business ecosistemiche dove la cocreazione di valore è innescata dalle nuove tecnologie e dalla nascita di nuovi attori e di innovativi modelli di profittabilità. Modelli che le nostre tradizionali lenti culturali ci impediscono di vedere e valorizzare. Così, l’arrivo dell’economia a piattaforma (platform economy) insieme all’adozione di recenti normative regolatorie (come GDPR, PSD2 …) ha trovato diverse imprese culturalmente impreparate e di conseguenza strategicamente indebolite.
Il 2020 potrebbe, allora, essere in positivo l’anno in cui prendiamo consapevolezza che essere smart significa poter creare nuove prosperità per il futuro comparto bancario a patto però di essere capaci di rinnovare i nostri paradigmi.